Quasi 41 anni dalla scomparsa di Emanuela Orlandi. Una vita intera, senza ancora la verità. Una verità per la quale a combattere è rimasto solo Pietro, il fratello della 15enne di cui si sono perse le tracce a Roma nel 1983, che ancora oggi riesce a far sentire la sua voce fino ai corridoi del governo. Il 9 novembre scorso il Senato ha approvato la proposta di istituire una commissione bicamerale di inchiesta sulla scomparsa di Emanuela (e di Mirella Gregori sparita anche lei un mese prima). «Sono contento che le istituzioni non abbiano ceduto alla pressione del Vaticano, che non voleva assolutamente che venisse approvata», ha detto Orlandi al Corriere della Sera.
Le accuse al Vaticano
Le sue accuse sono sempre andate nella stessa direzione: «Penso che il Vaticano non volesse la commissione. Lo ha anche detto il promotore di giustizia vaticano Diddi. Il Senato ha fatto una serie di audizioni per poter capire la necessità o meno di questa commissione e, nel corso della prima, Alessandro Diddi ha in effetti sottolineato che aprire una terza indagine sarebbe stata una “intromissione perniciosa rispetto all’ottimo lavoro che stiamo già facendo”.
La speranza di Pietro è ancora forte: «Sono convinto che arriveremo alla verità, non potrà essere occultata per sempre. Deve essere così». Orlandi ricorda poi il giornalista AndreaPurgatori, tra quelli che si sono avvicinati di più alla verità del caso: «Ha raccontato di aver ricevuto una chiamata dai presunti rapitori nei giorni della scomparsa. Poi le è stato detto, dai piani superiori, di dimenticarsi di quella chiamata. Sarebbe interessante parlare con lei. Purgatori non mi ha detto il nome di questa persona, poi si è ammalato e non c’è stato più modo di parlarne»
Ultimo aggiornamento: Martedì 23 Aprile 2024, 10:24
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