Dai Buddha di Bayiman a Mosul: quando il fanatismo uccide anche l'arte

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Milano (askanews) - Decine di statue fatte a pezzi a martellate, migliaia di manoscritti e libri antichi bruciati. La distruzione nel museo e nella biblioteca di Mosul, in Iraq, ad opera dello Stato islamico, come sempre filmata e diffusa a beneficio dei media occidentali, è solo l'ultimo caso della furia fondamentalista contro le opere d'arte, considerate simboli di idolatria da cancellare.Era il 2001 quando i talebani afgani distrussero le due statue di Buddha, scolpite nelle pareti di roccia della valle di Bamiyan, in Afghanistan, quasi 2mila anni fa. Erano opera di comunità buddiste che ci misero secoli a costruirle lungo la via della seta, crocevia di persone e culture diverse, proprio quella diversità che i talebani hanno voluto cancellare con l'esplosione.Dieci anni dopo nel 2012 l'opera distruttrice dei fondamentalisti islamici ha ferito profondamente la cultura millenaria del Mali, dove furono attaccati e distrutti gli antichi mausolei dei santi musulmani a Timbucktu, patrimonio mondiale dell'umanità per l'Unesco.L'ultima grande vittima della furia cieca di guerra ed estremismo è stata la Siria. Nel 2013 durante i combattimenti è stato fatto saltare il minareto della Omayyadi della città antica di Aleppo, ed è solo uno dei 300 siti, da Damasco ai castelli di Krap che secondo l'Onu sono stati danneggiati o distrutti del tutto dalla guerra.Perché, come accadde con i roghi nazisti in Europa, l'estremismo che non conosce, e non vuole far conoscere altro da sè, non può che temere la forza e la bellezza dell'arte.
Ultimo aggiornamento: Lunedì 26 Settembre 2016, 10:39
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